“Reykjavik Cafè“ e il mio amore per l’Islanda

Reykjavik Cafè di Solveig Jonsdottir

 

IN DUE PAROLE

Quattro donne, quattro cuori malandati. Litri di caffè, pianti, risate, ubriacature, amicizie, delusioni, traslochi. Il romanzo di Solveig Jonsdottir racconta quattro storie diverse che si intrecciano e hanno un unico comun denominatore: il Reykjavik Cafè. La storia copre un arco temporale che va dall’inverno alla primavera, come a voler sottolineare che la primavera arriva sempre, nonostante tutto

In città l’inverno stava lentamente finendo per lasciare il posto alla primavera e nonostante la colonnina di mercurio fosse ancora vicino allo zero, la terra si stava risvegliando dal torpore provocato dai molti mesi di buio e di freddo

 

AL CENTRO

Chi di voi non è mai stato lasciato? Chi non ha mai perso una persona cara? C’è un po’ di ognuno di noi in Hervor, Karen, Silja e Mia, le protagoniste del racconto. Il romanzo non indaga con piglio psicologico il perché del dolore, semplicemente ci mostra diversi modi di reagire e di sopravvivere. Ah, il dolore non se ne va mai del tutto… Ma questo immagino lo sappiate già

Non ci si riprende mai dopo una perdita immensa. Si può solo imparare a conviverci, lasciare che il dolore faccia la sua strada e si prenda il suo tempo. Non si può mettere fretta ad un percorso tanto doloroso. Ma prima o poi, anche se adesso ti sembra impossibile, ci penserai con un sorriso invece che con le lacrime

 

DOVE

 

Il Reykjavik Cafè si trova in Laugavegur la via principale di Reykjavik, capitale dell’Islanda. Conoscete il mal d’Africa? Ecco io ho il mal d’Islanda. Ho letto questo libro qualche settimana fa mentre mi trovavo a Reykjavik per festeggiare il mio compleanno. Sono profondamente innamorata di questa terra meravigliosa, selvaggia e inospitale. Perché? Perché quando ami qualcuno o qualcosa non fai dei calcoli con un foglio excel, ami e basta. Nel libro si parla tanto della città, dei suoi posti più conosciuti (che esistono davvero) delle sue strade dai nomi impronunciabili e del suo clima, rigido e nemico all’uomo

Hervor ebbe un brivido appena girato l’angolo, un vento freddo le arruffò i capelli. Alzò le spalle quanto più potè in modo da riparare in parte il viso nel bavero del giaccone. Poco prima di arrivare in Laufasvegur sdrucciolò magistralmente su una grande lastra di ghiaccio saldata al marciapiede: “Cazzo se non lo sopporto questo inferno”

 

COLONNA SONORA

La custodia di “Blonde on blonde” era rotta e graffiata, ma il disco era a posto. Nella Volvo rieccheggiò lo straziante assolo di armonica di “Stuck inside of mobile with the Memphis blues again” e Hervor alzò il volume

Sì stiamo parlando di lui, il menestrello, il genio, il poeta, il Premio Nobel: il signor Bob Dylan. All’interno di “Blonde on blonde”, uscito nel 1966, ci sono pezzi da 90 come: “Just like a woman” e “I want you”. La copertina del disco è quella con Dylan sfuocato, giovanissimo, con i capelli arruffati e una sciarpa intorno al collo. “Stuck inside of mobile with the Memphis blues again” va bene per leggere il libro, ma è anche un’ottima canzone da ballare in casa da soli, possibilmente scalzi, alzando il volume ai limiti del legale, saltellando da una stanza all’altra della casa. Per dire

 

SAPORI

Il giorno del mio compleanno, io e la mia amica Rannveig abbiamo fatto colazione con una brioche che non saprei come definire se non: maestosa. Mezzo chilo di pasta sfoglia farcita di mele, marmellata, frutta secca, cannella e decorata con linee di cioccolato fondente. Burro, burro, burro, aggiungi il burro che non sbagli mai. Deliziosa, avvolgente, rincuorante, paradisiaca, colesterolo a 2mila. Nei paesi del nord il burro la fa da padrone, forse perché fa un freddo terribile e ti aiuta a non morire assiderato, appena varchi la soglia di casa

Come sempre il panettiere Vésteinn Vésteinsson stava curvo su un ampio tavolo rivoltando delle girelle alla cannella che da tempo erano l’orgoglio della panetteria. Una ricetta svedese perfezionata a cui solo poche persone avevano accesso. Lavorava a gran velocità eppure le girelle erano tutte impeccabili

 

VE LO CONSIGLIO

Certo che sì: caffè+Islanda+donne un mix perfetto. Il romanzo si legge con lo stesso piacere con cui si beve una tazza di caffè fumante in pieno inverno. Qualche dramma, poche tragedie, un po’ di risate. Quattro donne che seppur ferite non mollano e attendono la primavera. A leggerlo viene un gran freddo perché in Islanda fa davvero freddo e piove quasi sempre e in inverno il sole si fa vedere solo da lontano e nevica e il vento gelido non si placa mai. Leggetelo per innamorarvi un pochino anche voi di questa terra, tanto bella da togliere il fiato

Non devi per forza sapere cosa vuoi. Forse e sufficiente sapere cosa non vuoi

 

IL MIO AMORE PER L’ISLANDA

Signor giudice, signori della giuria: amo l’Islanda e tutto quello che dirò è sì frutto di tanti viaggi, ma a scrivere è solo il cuore. No, non sarò obiettiva. Potrei stare qui delle ore a parlarvi dell’Islanda, ho nel computer centinaia e centinaia di foto, qui troverete le ultime scattate qualche settimana fa, se guardandole vi venisse voglia di partire, contattatemi.

Reykjavik, la capitale, conta 120mila abitanti (la popolazione totale dello stato è di 334mila persone) ed è il cuore economico, politico e culturale della nazione. Il turismo crescente degli ultimi anni ha cambiato il volto della città che è diventata appunto molto più turistica. Vecchi localini e negozietti hanno lasciato il posto a catene di multinazionali e all you can eat. Rimane comunque affascinante ma una decina di anni fa era magnifica

 

Grotta è il nome del faro che si trova poco fuori città a Seltjarnarnes. Io vado sempre a trovarlo ogni volta che sono in Islanda e i miei amici mi ci accompagnano con infinita pazienza, oppure mi danno una bicicletta e “pedala, che tanto lo sai dov’è”

 

Il paesaggio islandese è per la maggior parte nero perché vulcanico. Distese di rocce nere ricoperte di muschio verde. “Muschi e licheni” che quando me lo dicevano a scuola io pensavo al muschio del presepe. Ci sono anche le spiagge ma sono nere e il bagno non lo puoi fare mai, ma proprio mai, perché l’acqua è gelida. Gli amici islandesi mi hanno raccontato che può capitare che un iceberg con sopra un orso polare rimasto intrappolato, arrivi vicino alla costa

 

Ma non ci sono solo rocce nere, l’Islanda è ricca di cascate e fonti geotermali dai colori più disparati dal rosso al blu che appaiono così all’improvviso subito dopo una curva

 

 

Andare in piscina è un diritto di ogni islandese. Ogni centro abitato, anche il più piccolo, ha una piscina comunale. In un paese dove il termometro scende spesso sotto lo zero, dove c’è un vento glaciale, dove in inverno per tre mesi è sempre buio: dove la costruisci una piscina? All’aperto! All’aperto?! Sì la maggior parte delle piscine islandesi non sono al coperto. E tu ti metti il costume e mentre corri verso l’esterno per raggiungere la vasca calda più vicina pensi: morirò assiderata e sarò ricordata così, in costume. Ho chiesto a Rannveig il perché e mi ha risposto che fa parte della loro cultura e che “stare a mollo nell’acqua calda mentre imperversa una bufera di neve è bellissimo”. Io mi sono adeguata

 

In Islanda l’acqua è pura, l’aria è pura. L’energia che alimenta quasi tutto è geotermica. L’acqua che esce dal rubinetto è praticamente termale e devi sempre ricordarti di aprire quella fredda se non vuoi ustionarti
Fratelli e sorelle hanno cognomi diversi. Il cognome è preso dal nome del padre + il suffisso “son” se sei un maschio, oppure “dottir” se sei una femmina. “Son” significa “figlio di”, “dottir”, “figlia di.” Mio papà si chiama Vincenzo, in Islanda il mio nome completo sarebbe: Lea Vincenzodottir mentre mio fratello si chiamerebbe Luca Vincenzoson. Risultato: citofoni lunghi come poemi

Quest’anno per la prima volta ho visto le balene, le orche, i delfini e le pulcinelle di mare. Equipaggiata come Roald Admunsen in uno dei suoi viaggi al Polo Nord, ho assistito con la gioia tipica dei bambini a Natale a questo spettacolo della natura

 

Oltre ai dolci spettacolari, gli islandesi preparano anche delle zuppe straordinarie che potete trovare a poco prezzo praticamente ovunque, anche nel peggior bar della periferia più estrema dell’isola. Zuppe calde, fatte in casa, dai sapori decisi. Vi giuro che dopo tutto il freddo che si patisce in giro, una zuppa è proprio quello che vi risolleva il morale. Non vi parlerò degli altri piatti tipici: squalo putrefatto, balena ai ferri, pulcinelle di mare in padella, perché sono vegetariana e non li ho mai provati.
Nei ristoranti l’acqua (sempre del rubinetto) e il pane, non si pagano mai. In Islanda l’alcool è molto costoso, si può acquistare solo nei Vinbudin, negozi specializzati, al supermercato non lo vendono. Nei bar una birra costa circa 1000 corone (8 euro), un bicchiere di vino 1500 corone (12 euro). Il vino più economico del Vinbudin è il nostro caro vecchio Tavernello in cartone che potete acquistare a 1699 corone (14 euro)



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