
Tre piani, 17 aprile 2019
Eshkol Nevo non prende l’ascensore, invita invece il suo lettore a salire per le scale tra piani di un palazzo nei sobborghi di Tel Aviv. Perché questa fatica? Perché, viene da pensare con il sennò del poi (cioè del dopo averlo letto), le conquiste costano fatica e così le scoperte delle necessità umane. Tre sono i piani dove vivono tre famiglie diverse, tre sono le fasi della vita che esse rappresentano, tre le facce di ogni persona. Il numero tre ha un significato nella narrazione, ma è spalmato nei giorni che i protagonisti vivono e che non sono tutti giorni belli e sereni, anzi. Il romanzo tocca aspetti diversi che tornano come le tradizioni nella vita di tutti, magari non tutte allo stesso modo, ma ci sono e fanno parte dell’essere umani. Nevo parla senza mai eccedere, ma senza nemmeno fare sconti o indulgere su difetti e pregi, di amore coniugale e filiale, di sospetto che si incunea nelle teste quando meno se lo aspettano, di cedimenti alle sensazioni e ai bisogni non soddisfatti, di malattia, di legami che nemmeno la morte sfilaccia. La storia è pronta per diventare teatro, come la vita.
(Eshkol Nevo, “Tre piani”, Neri Pozza, 255 pag., 17 euro)