
Pausa caffè con Hila Blum
Il caffè lo prendiamo a Groningen in Olanda mentre guardiamo stupiti una signora che ferma immobile sul marciapiede, sta spiando una famiglia intenta a preparare la cena.
“C’era una sensazione di casa. E c’erano libri ovunque, anche in cucina. Osservavo mia figlia e la sua famiglia a loro insaputa. La loro vita senza veli splendeva pericolosamente sotto i miei occhi”
Il libro si apre con questa scena e viene da chiedersi cosa sia successo tra madre e figlia, cosa ha incrinato il rapporto a tal punto?
Sì perché in realtà la storia si svolge a ben 5mila km di distanza, in Israele ed è lì che andiamo, indietro nel tempo, per conoscere chi sono queste due donne attraverso la voce narrante della madre.
Hila Blum è una scrittrice emergente nata a Gerusalemme che con questo libro ha vinto il Sapir Prize for Literature, praticamente la versione israeliana del Premio Strega.
Il romanzo scandaglia con sincerità il fragile confine tra l’amore e il possesso, lasciando al lettore il compito di scoprire se questo confine è stato superato e da chi. Impossibile non fare paragoni con il rapporto che ognuno di noi ha, o ha avuto, con genitori e figli.
Interessante sotto diversi punti di vista, non è noioso e nemmeno pesante, una lettura che regala stimolanti punti interrogativi.
Un po’ strano per me leggerlo, la figlia della vicenda si chiama Leah e il mio nome non è così frequente da incontrare, né dal vivo né in letteratura.
“Arza mi faceva una buona impressione. Era molto educata e sempre di buon umore. Come aveva fatto a crescere così? Vidi sua madre di sfuggita, ebbi l’impressione che non sapesse amare sua figlia meglio di me. Eppure Arza amava sé stessa meglio di Leah”
Hila Blum – Come amare una figlia – Einaudi