Pausa Caffè con Guadalupe Nettel

Siamo a Città del Messico e oggi il caffè lo prendiamo con una delle scrittrici latinoamericane più promettenti dei nostri giorni. La incontriamo però da bambina, ha un enorme cerotto sull’occhio sinistro a causa di un neo bianco sulla cornea. La sua storia comincia così, con il racconto di un problema fisico che negli anni diventa un disagio che la definisce e la imprigiona.

Una confessione autobiografica romanzata affidata all’ascolto della dottoressa Sazlavski che ripercorre l’infanzia e l’adolescenza di una bimba cresciuta tra il Messico e la Francia, tra genitori hippy e una nonna inflessibile.

Il punto di vista è quello di una bambina che si sente estranea in un mondo popolato da “normali” finché scopre che ci sono altri come lei con i quali è più facile e naturale tessere amicizie. Le caratteristiche fisiche diventano la lente per esaminare e catalogare chi la circonda, senza buonismi di sorta.
Il racconto è veloce, senza fronzoli, piacevole, fa sorridere ma anche riflettere: quanto il nostro corpo e le sue anomalie influiscono sulle scelte che prendiamo? Come si trasformano i nostri punti deboli in tratti distintivi di cui essere fieri? L’omologazione ci rende davvero liberi? Il nostro bagaglio familiare è un peso che ci trasciniamo dietro o un fondamentale punto d’appoggio sul quale mettere i piedi per riuscire a guardare oltre?

Mi identificavo completamente nel personaggio della Metamorfosi, che aveva una storia simile alla mia. Anch’io una mattina mi ero svegliata con una vita diversa, un corpo diverso senza sapere fino in fondo in che cosa mi fossi trasformata. In nessun punto della narrazione si dice chiaramente quale insetto fosse Gregor Samsa, ma io capii quasi subito che si trattava di uno scarafaggio. Lui si era trasformato mentre io lo ero per decreto materno, se non dalla nascita”.

Guadalupe Nettel – Il corpo in cui sono nata – La nuova frontiera



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