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Mario Vargas Llosa , Le dedico il mio silenzio, Einaudi edizioni

Toño Azpilcueta è il piú grande esperto di musica peruviana. Anche se lo sanno in pochi. Accademico irrealizzato e insegnante insoddisfatto, Toño conduce una vita anonima alla periferia dei circoli intellettuali di Lima, sdegnosi della sua vasta erudizione. Ma quando Toño ascolta per la prima volta Lalo Molfino, misterioso chitarrista dal talento eccezionale, cambia tutto. Perché quelle note gli danno la forza di inseguire il sogno in cui ha sempre creduto. Mario Vargas Llosa torna al suo amato Perú, alle radici delle sue tradizioni, e dà voce a un’utopia: quella di un intero paese che, grazie all’arte, si stringe finalmente in un abbraccio fraterno.

«Qui Vargas Llosa esplora con virtuosismo il tema centrale della sua vita: il desiderio di rappresentare il mondo attraverso l’arte, condensandolo in un unico libro».
«El País»

Giuseppe Catozzella, Il fiore delle illusioni, Feltrinelli editore

È possibile inseguire il proprio sogno senza perdere la parte più autentica di sé stessi? Sfuggire a un destino già scritto senza che questo finisca per bruciarci?Francesco cresce nella periferia di Milano, figlio di meridionali e con il sogno di scrivere: un ragazzo ai margini di un paese ai margini. O almeno questa è la sua sensazione per dieci mesi l’anno, finché non arriva l’estate e lui torna con i genitori in Basilicata, dove la vita sembra più autentica. Lì le costrizioni della città si trasformano in libertà: ci sono i nonni – nonna Luisa, la rimediante del paese –, i campi, e soprattutto c’è Luciano, il cugino con cui mungere vacche, pascolare pecore, lavorare la terra e sfrecciare sulla Vespa rossa truccata. È con lui che Francesco impara a fumare, a guidare la macchina, ad ascoltare il proprio corpo. Eppure Luciano considera sbagliato emigrare, come ha fatto il padre di Francesco: per lui contano solo la fedeltà alle origini e la solitudine della campagna.

E se al Sud c’è la libertà, la vita che esiste e basta, Francesco al Nord si imbatte in un duplice omicidio di mafia, vede morire dei passanti innocenti. Ma il Nord è anche il luogo in cui scopre l’amore, dove fa i conti con un padre per il quale i sogni non sono che illusioni, dove incontra un professore-poeta che cambia il suo modo di guardare sé stesso e gli altri. Il luogo dove inizia a credere di poter davvero realizzare il suo sogno, che è la chiave, forse, con cui ricomporre la frattura dei due mondi che si porta dentro.

Con la sua voce inconfondibile Giuseppe Catozzella ci narra un appassionante romanzo di formazione che è al contempo lucido romanzo sociale. Il fiore delle illusioni è la storia del rapporto fra due cugini, fra due Italie, ma anche della resa dei conti con la parabola del sogno, con quella di un Paese: la promessa nella generazione dei nonni, la piena realizzazione materiale in quella dei padri, e quanto ora rimane ai figli. E la scoperta, dopo tutto, che vivere a metà non è vivere.

Avevo l’illusione che niente si muovesse, che tutto sarebbe sempre tornato uguale all’infinito. Niente, mai, ci avrebbe ferito: le piante, la terra, le vacche, le capre, i cani, generando discendenza e morendo, avrebbero lasciato noi intatti. Noi salvi, per sempre.