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Ester Viola, Voltare pagina, Einaudi edizioni

Curare le pene d’amore coi libri si può, ma bisogna saper leggere. C’è una storia giusta per ogni struggimento del cuore, il romanzo perfetto per voltare pagina: è cosí che la penna sulfurea di Ester Viola diventa un balsamo per lenire le ferite. Anna Karenina, Nick Hornby, L’amica geniale, Sally Rooney, Domenico Starnone, Frammenti di un discorso amoroso: nelle loro pagine ogni innamorato tradito, geloso o non corrisposto potrà trovare risposte impreviste alle sue domande impossibili. Dieci racconti irresistibili, un manuale di self-help letterario, una microterapia per cuori infranti. «Non esistono libri capaci di salvare la vita ai lettori, ma alcuni ci provano meglio di altri». C’è chi non si è mai ripreso dal primo amore; chi di amori ne ha mille, e nessuno buono; chi è tradito e vede tutti traditori; chi è tradito e fa finta di niente, perché la coppia funziona meglio in tre; chi è alle prese con un narcisista. E poi c’è la ragazza che dalla vita ha avuto tutto e adesso non le piace niente; quella che non ha avuto niente e pensa che niente è quello che si merita… In una Milano scintillante ma severa, soprattutto negli uffici legali frequentati dalla protagonista di questi racconti, proliferano solitudini e matrimoni andati a male, rimpianti per la provincia e dipendenze dai social network. Ma l’amore rimane comunque un affare complicato, basta rileggersi Anna Karenina. Esistono i libri medicinali? Quelli capaci di farci «voltare pagina» nella vita? Ci si rifugia nei libri per distrarsi, per trovare conforto, per capire meglio cosa non ha funzionato e non ripeterlo. Una pagina, un personaggio, perfino una frase: a volte bastano per curare una ferita del cuore, se non per raddrizzare una storia storta. Perché se trovi le parole per raccontarle, «le cose perdono la punta, l’ago e il veleno».

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Sara Gambazza, Ci sono mani che odorano di buono, Longanesi

Un pomeriggio d’inverno, freddo da spezzare le ossa, Bina si ritrova sola. Ha ottantatré anni e aspetta suo nipote al parco del Cinghio, un quartiere da cui è meglio tenersi alla larga ai margini di una cittadina perbene. Marta, che di anni ne ha venticinque, e che al Cinghio è cresciuta imparando che il mondo è storto e non lo si può aggiustare, la osserva dalla finestra: la vede farsi rigida su una panchina sfondata, il naso gocciolante, un berretto rosa calato sugli occhi spauriti. Decide di offrirle un tetto per la notte. Poi per la notte dopo e per quella dopo ancora. Marta finisce così per prendersi cura di Bina, e intorno a lei, a proteggere quaranta chili di ossa e grinze, si stringono gli abitanti dell’intera palazzina. Poche strade più in là, Fabio viene preso a pugni: ha sgarrato con la persona sbagliata ed è nei guai, grossi guai. Fabio è il nipote di Bina e, mentre Marta prepara il letto per la nonna, lui bussa alla porta di Genny, un’ex prostituta in grado di raccogliere i cocci altrui senza fare domande. Bina e Fabio vivono giorni sospesi, in un luogo duro e sconosciuto, nell’attesa che qualcosa accada. Qualcosa accadrà. E il destino rimescolerà il mazzo, distribuendo ai giocatori nuove carte. Quei giorni freddi si faranno via via più caldi dentro le palazzine di appartamenti rattoppati: tra coperte rimboccate, il rumore del caffè che sale nella moka, il profumo del sugo e una carezza sulla fronte, Marta, Bina, Fabio e Genny scopriranno che dietro ogni abbandono, nascosti sotto ogni solitudine, sopravvivono sempre la forza di amare e il bisogno di prendersi cura l’uno dell’altro.

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Kristen Arnett, Con i denti, Bollati Boringhieri

Sammie Lucas ama suo figlio, certo che lo ama. Ma non lo capisce, in qualche modo lo teme. Samson è un bambino sempre imbronciato, che si oppone ostinato a qualunque tentativo della madre di cercare la sua complicità, di approfondire il loro legame. Incerta riguardo ai propri sentimenti, consapevole di non essere in alcun modo ricambiata, Sammie fa comunque del suo meglio per portare avanti le cure materne – cucina per lui, lo aiuta a fare compiti e lavoretti scolastici, lo accompagna ovunque – ma, al contempo, non riesce a evitare di accumulare risentimento nei confronti di Monika, la donna forte che ha sposato e che è sempre più assente dal loro ménage. E mentre Samson cresce, passando dall’essere un bambino scorbutico a un teenager spietato, la vita di Sammie comincia a indulgere in comportamenti sempre più disordinati, e la sua determinazione a creare una perfetta famiglia arcobaleno si sfalda. Quando l’ostilità in casa degenera a un punto di non ritorno, Sammie deve venire a patti con il suo ruolo di madre e moglie, non più necessariamente disposta a ricomporre quello che era un presunto idillio. Pieno di calore e ironia, “Con i denti” ci offre un punto di vista insolito sulle articolate dinamiche all’interno di una famiglia, un ritratto del delicato tessuto che la compone, e dei molti modi in cui si può finire per lacerarlo.

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Claudia Piñeiro, Elena lo sa, Feltrinelli

Dalla premiata autrice di Tua e Le vedove del giovedì, un giallo serrato e conciso che denuncia le ipocrisie della società.

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Ritanna Armeni, Il secondo piano, Ponte alle Grazie

In un convento francescano di periferia, tra i profumi del giardino e un nuovo quartiere in costruzione, suor Ignazia e le sue sorelle si trovano nella surreale situazione di ospitare al piano terra un’infermeria tedesca e al secondo alcune famiglie sfuggite per miracolo al rastrellamento del Ghetto. A separarli, solo una scala e l’audacia mite di chi non esita a mettersi in gioco fino in fondo. Roma, nell’ultimo anno di guerra, non è «città aperta». I tedeschi, a un passo dalla sconfitta, la stringono in una morsa sempre più spietata, gli alleati stentano ad arrivare, i romani combattono pagando con il sangue ogni atto di ribellione. In una città distrutta dalla fame, dalle bombe, dal terrore, gli ebrei vengono perseguitati, deportati, uccisi, come il più pericoloso e truce dei nemici. E la Chiesa? Mentre in Vaticano si tratta in segreto la resa nazista e il pontefice sceglie, più o meno apertamente, la via della cautela, i luoghi sacri si aprono ad accogliere – sfidando le regole e perfino alcuni comandamenti – chi ne ha bisogno. È così che Ritanna Armeni, con l’entusiasmo rigoroso e profondo di sempre, attraversa un passaggio cruciale della nostra Storia e dà corpo a una vicenda esemplare, che parla di coraggio e sorellanza, di forza e creatività, di gioia, paura, resistenza.

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Colleen Hoover, It starts with us. Siamo noi l’inizio di tutto, Sperling & Kupfer

Puoi ricominciare dopo aver tanto sofferto? Dopo quello che ha passato e dopo tanto dolore, Lily è riuscita a rimettersi in piedi e a stabilire con Ryle, il suo ex marito, un rapporto equilibrato per il bene della figlia. Tuttavia, quando un giorno per caso rincontra Atlas, il suo primo amore, e lui le chiede di uscire, Lily viene travolta da un’ondata di emozioni che credeva non avrebbe più provato. Finalmente il destino sembrerebbe essere dalla parte della coppia, ma l’entusiasmo di Lily viene subito smorzato dalla consapevolezza che, pur non essendo più suo marito, Ryle è ancora una parte importante della sua vita. E non c’è uomo al mondo che lui odi più di Atlas Corrigan, al punto che mai lo vorrebbe accanto all’ex moglie e alla figlia. Lily e Atlas riusciranno ad avere un lieto fine, pur tra mille difficoltà, oppure dovranno rinunciare per sempre al loro amore?

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Alicia Giménez-Bartlett, It starts with us. Siamo noi l’inizio di tutto, Sellerio Editore Palermo

Vita Castellá giace cadavere nella stanza di un lussuoso albergo di Madrid, avvelenata con un caffè al cianuro. È stata la presidente della Comunità Valenciana. Amata e detestata, benefattrice e prepotente, ha dominato la città e la regione in una stagione segnata da una corruzione pervasiva e quasi proverbiale. La rete di potere che da lei si è estesa ha lasciato al suo ritiro una schiera di scheletri in moltissimi armadi. Della sua morte, le autorità, il capo della polizia, il ministro, vogliono far passare una versione ufficiale meno compromettente, un infarto che eviti «un casino di dimensioni stratosferiche». L’inchiesta di polizia è però inevitabile. L’idea brillante è di affidarla a degli investigatori inesperti e malleabili. Come Berta e Marta, due sorelle giovanissime appena uscite dall’Accademia di Polizia. Diverse l’una dall’altra come due fiocchi di neve, sono acute, ambiziose e sono donne, cioè con una emergente avversione per i maschi al potere. Vanno così per la loro strada di poliziotte determinate. Con un po’ di rimorso «tacendo e mentendo» ai loro capi come questi fanno con loro due. E s’inerpicano in un’inchiesta che si svolge in una fascinosa Valencia. Poteri e misteri, false apparenze, vendette e rancori, altri spietati omicidi debbono svelare a poco a poco, anche con l’aiuto dell’affezionato addetto stampa della presidente, «Boro» Badía, un giornalista a cui il «partito» ha spezzato la carriera e ferito la dignità a causa del-le scelte sessuali. Le due creature di Alicia Giménez-Bartlett, le sorelle Miralles, Berta e Marta, sfidano lo stereotipo del detective tradizionale. Le ubbie, le paturnie, e i sogni propri di ogni ragazza risaltano nei dialoghi, e danno al mistero poliziesco la stessa quotidiana leggerezza che ha reso famosa l’ispettrice di Barcellona Petra Delicado. Quell’umorismo d’ambiente che ha tra i suoi scopi, come sempre nei romanzi dell’autrice, anche quello di affermare i diritti.

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Mohsin Hamid, L’ultimo uomo bianco, Einaudi

Un mattino, Gregor Samsa, commesso viaggiatore, si sveglia da sogni inquieti e si ritrova trasformato in un immane insetto; anni dopo, Anders, personal trainer in un’anonima palestra di una città indefinita, si sveglia e scopre di essere diventato di un innegabile marrone scuro. L’incredulità presto cede il passo alla furia omicida: Anders si sente vittima di un crimine, «un crimine che gli aveva portato via ogni cosa, che gli aveva portato via se stesso», si scaglia contro la propria immagine allo specchio, si rimette a letto sperando che quell’uomo scuro se ne vada, chiama al lavoro per dire che è malato, molto malato, piú di quanto immaginasse, si aggira per la città e scopre che «le persone che lo conoscevano non lo conoscevano piú», e infine telefona a Oona. Oona, giovane insegnante di yoga, sta provando a prendersi cura di sua madre – e di se stessa – dopo la morte del fratello gemello; fra lei e Anders si è da poco riaccesa un’attrazione nata fra i banchi di scuola, ma quando Oona passa da lui dopo il lavoro, rimane di stucco di fronte all’uomo che le apre la porta, e sulle prime fatica a riconoscerlo. Ciò che Oona e Anders ancora non sanno è che la trasformazione sta prendendo piede ovunque: tutte le persone bianche stanno diventando scure, e la tensione sociale continuerà a crescere, sfociando in risse, sparatorie, suicidi e sommosse, finché «l’ultimo uomo bianco» verrà sepolto e la bianchezza non sarà che un ricordo. Hamid, in un vortice di frasi che, come i personaggi che le abitano, sembrano sorrette da un disperato bisogno di stabilità identitaria, confeziona un romanzo di commovente lucidità sulla perdita del privilegio, un’opera in cui frustrazione e violenza si trasformano nella promessa di futuro: «a volte sembrava che la città fosse una città in lutto, e il Paese un Paese in lutto, e questo si addiceva a Anders, e si addiceva a Oona, dato che collimava con i loro sentimenti, ma altre volte sembrava il contrario, che stesse nascendo qualcosa di nuovo, e abbastanza stranamente anche questo si addiceva loro».

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Francesca Giannone, La portalettere, Nord

Salento, giugno 1934. A Lizzanello, un paesino di poche migliaia di anime, una corriera si ferma nella piazza principale. Ne scende una coppia: lui, Carlo, è un figlio del Sud, ed è felice di essere tornato a casa; lei, Anna, sua moglie, è bella come una statua greca, ma triste e preoccupata: quale vita la attende in quella terra sconosciuta? Persino a trent’anni da quel giorno, Anna rimarrà per tutti «la forestiera», quella venuta dal Nord, quella diversa, che non va in chiesa, che dice sempre quello che pensa. E Anna, fiera e spigolosa, non si piegherà mai alle leggi non scritte che imprigionano le donne del Sud. Ci riuscirà anche grazie all’amore che la lega al marito, un amore la cui forza sarà dolorosamente chiara al fratello maggiore di Carlo, Antonio, che si è innamorato di Anna nell’istante in cui l’ha vista. Poi, nel 1935, Anna fa qualcosa di davvero rivoluzionario: si presenta a un concorso delle Poste, lo vince e diventa la prima portalettere di Lizzanello. La notizia fa storcere il naso alle donne e suscita risatine di scherno negli uomini. «Non durerà», maligna qualcuno. E invece, per oltre vent’anni, Anna diventerà il filo invisibile che unisce gli abitanti del paese. Prima a piedi e poi in bicicletta, consegnerà le lettere dei ragazzi al fronte, le cartoline degli emigranti, le missive degli amanti segreti. Senza volerlo – ma soprattutto senza che il paese lo voglia – la portalettere cambierà molte cose, a Lizzanello. Quella di Anna è la storia di una donna che ha voluto vivere la propria vita senza condizionamenti, ma è anche la storia della famiglia Greco e di Lizzanello, dagli anni ’30 fino agli anni ’50, passando per una guerra mondiale e per le istanze femministe. Ed è la storia di due fratelli inseparabili, destinati ad amare la stessa donna.

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Michel Bussi, Codice 612. Chi ha ucciso il Piccolo Principe?, E/O

Il Piccolo Principe e il suo autore, Antoine de Saint-Exupéry, sono accomunati dal mistero della loro scomparsa: quella dello scrittore-aviatore morto in guerra in circostanze mai ben chiarite, tanto che nel tempo si è ipotizzato che fosse vivo e vegeto da qualche parte, e quella del personaggio che, morso da un serpente velenoso alla fine del racconto, lascia il lettore incerto sulla sua vera sorte. Toccherà a due investigatori fare luce su quello che ha tutta l’aria di essere un enigma la cui soluzione è stata dissimulata dallo stesso Saint-Exupéry nel testo: Andie, giovane detective alle prime armi appassionata del “Piccolo Principe”, e Neven, ex aviatore e meccanico di aeroplani, che del famoso libro sa poco o niente. Incaricati da un eccentrico miliardario, percorreranno insieme il mondo alla ricerca di indizi confrontandosi con i membri dell’occulto Club 612, un’associazione segreta che raduna i massimi esperti del “Piccolo Principe”. Il loro avventuroso viaggio, in cui non mancano la volpe, la rosa e il serpente, è analogo a quello del “Piccolo Principe”, con la differenza che, invece di visitare i vari asteroidi, i nostri eroi si spostano da un’isola all’altra. Andranno così sull’isola dell’uomo d’affari, su quella del re, della vanitosa, del bevitore, del lampionaio, del geografo…

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Karin Boye, Kallocaina. Il siero della verità, Iperborea

Chi non ha mai sognato di possedere il siero della verità e penetrare nel segreto della mente e del cuore degli altri e di se stesso? Quale giudice non lo vorrebbe, quale potere non lo riterrebbe l’ideale strumento di controllo? Kallocaina è appunto il nome del siero della verità che lo scienziato Leo Kall ha inventato per garantire allo Stato sicurezza e stabilità. Ma la verità sfugge alla strumentalizzazione, i suoi effetti sono sconvolgenti, rivelando la complessità dei rapporti umani e portando il germe della disgregazione nel sistema. Scritto nel 1940, quando era difficile nutrire grandi speranze nell’avvenire, “Kallocaina” ha in comune con “Noi” di Zamjatin, “Il mondo nuovo” di Huxley, “1984” di Orwell l’allucinata visione di una società spersonalizzata, dominata da uno Stato poliziesco che arriva a invadere anche la sfera privata dei cittadini sopprimendo ogni libertà. Benché le distopie appaiano spesso ingenue e superate dalle atrocità del reale, le questioni sollevate dal romanzo suonano di allarmante attualità. La continua violazione dei diritti umani, l’uso strumentale della giustizia, la disinvolta interpretazione delle leggi, la delazione eretta ad atto civico, l’acquiescente conformismo fanno parte del nostro panorama quotidiano. Ma l’originalità di “Kallocaina”, rara voce di donna in questo genere letterario, sta altrove: nella progressiva presa di coscienza del protagonista che verità e ragione, verità e controllo, verità e potere restano inconciliabili, nel suo lento processo di liberazione dal proprio super-io, fino all’accettazione delle esigenze più profonde che aveva negato e soffocato dentro di sé: quel bisogno di amore, di libertà e di fiducia, senza i quali l’esistenza e la persona umana perdono di valore e di significato.

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Prince Harry, Spare. Il minore, Mondadori

È stata una delle più strazianti immagini del Ventesimo secolo: due ragazzini, due principi, che seguono il feretro della madre sotto gli occhi addolorati e inorriditi del mondo intero. Mentre si celebrava il funerale di Diana, principessa del Galles, miliardi di persone si chiedevano quali pensieri affollassero la mente dei principi, quali emozioni passassero per i loro cuori, e come si sarebbero dipanate le loro vite da quel momento in poi. Finalmente Harry racconta la sua storia. Con la sua cruda e implacabile onestà, “Spare. Il minore” è una pubblicazione epocale. Le sue pagine, dense di analisi e rivelazioni, sono frutto di un profondo esame di sé e della consapevolezza – conquistata a caro prezzo – che l’amore vince sempre sul lutto.



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