SuperPremio Andersen 2019

Al termine della cerimonia ufficiale del Premio Andersen 2019 – che si è tenuta sabato 25 maggio, a Palazzo Ducale di Genova – è stato annunciato il vincitore del SuperPremio Andersen 2019, riconoscimento intitolato alla memoria di Gualtiero Schiaffino, fondatore della rivista e del Premio.

 

David Almond – ill. di Levi Pinfold – trad. di Damiano Abeni
La diga
Orecchio Acerbo

Per il non comune potere evocativo delle magnifiche tavole di Pinfold, così ricche di sottili vibrazioni e solenni al tempo stesso. Per il perfetto intreccio che si stabilisce fra le illustrazioni e il breve ma intenso testo lirico di un grande autore. Per un’opera in cui forza della musica, valore della memoria, evocazione magica, natura e storia si combinano mirabilmente insieme.

La recensione di Walter Fochesato su ANDERSEN 358 | dicembre 2018:

David Almond non ha certo bisogno di presentazioni (basti pensare a SkeIlig, La storia di Mina, Il grande gioco, Mio papà sa volare…). Qui, in questo nuovo albo in formato oblungo, la sua scrittura nitida e preziosa incontra e mirabilmente si fonde con le immagini di Pinfold, precise e pacate ma nel contempo magiche. Un segno che, soprattutto nel disporsi quanto mai evocativo di alcune tavole, ricorda un poco Shaun Tan ma che possiede una sua spiccata e lirica originalità. All’alba il padre porta la giovanissima figlia con sé, in aperta campagna, perché, a breve, quel paesaggio antico non esisterà più: tutto verrà spazzato via dalla enorme diga. Campi ed erbe, alberi e case verranno sommersi per sempre e gli animali andranno da qualche altra parte. Certo vi sono malinconia e rimpianto e un indubbio velo di tristezza ma l’intento dei due protagonisti è ben più alto. Recandosi per l’ultima volta nella valle, vogliono, in qualche modo, celebrare un rito antico e pagano. Evocare ricordi e persone ma anche ombre e spiriti, perché tutto venga quindi rammentato e placato. Il padre canta e la figlia suona il violino e così si muovono di abitazione in abitazione. E tutti sentirono e, mentre il giorno “stava imbrunendo”, abbandonarono la valle. Oggi, la diga inaugurata nel 1981, costituisce un luogo invidiabile per camminare, pescare, andare in barca e fa parte, come vien detto nella nota conclusiva, del Northumberland International Dark Sky Park. Una storia vera e che dimostra come, pur nel dolore di una perdita, si possa ricostruire un equilibrio umano e naturale diverso e, magari, più alto. L’importante è che il ricordo non svanisca e che la musica resti nell’acqua e nell’aria, “non svanisca mai”. Ci sarebbe da riflettere su tutto ciò, in epoca di strilli e strepiti a 5 stelle attorno alle “grandi opere”, salvo poi calarsi regolarmente i pantaloni dinanzi al ghigno truce di Salvini. E qui parlo da genovese. Così come mi par di cogliere, nelle danze e nelle arie, un che di casalingo come la giga, che sembra avere lontane origini anglo-irlandesi. Faela ballâ ch’a l’è quella de peje/ faela ballâ che de peje a ghe n’à…



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