Io non mi chiamo Miriam, 21 febbraio 2018

Come un lungo viaggio in compagnia della storia, della psicologia e dell’amore che parte da un regalo che la nipote fa alla propria nonna: un bracciale con inciso il nome Miriam.
“Io non I chiamo Miriam” è così. L’ultimo libro letto al club del libro Libooks ha questo sapore. Si tratta di un volume da 539 pagine di racconto. Ci vuole tempo per assaggiare tutti i gusti di una vita che la protagonista vive per nome e per conto di un’altra persona. La protagonista è Miriam, che però, come dice il titolo, non si chiama Miriam, non è nata Miriam, ma Malika, non è ebrea come la vita che vivrà nei campi di concentramento per un periodo terribile, e che sembra non voler finire mai, ma è rom, zingara. La sua appartenenza però Miriam si troverà per caso a nasconderla, per salvarsi la vita. Da quel momento, Malika diventa Miriam. E Miriam non si distrarrà mai, reggerà la parte fino in fondo, anche con chi le vorrà bene, la accoglierà e forse la amerà, di sicuro le restituirà una vita. Una volta uscita dall’inferno della prigionia nei campi di sterminio, Miriam-Malika continuerà a recitare la sua parte. Un libro potente, che non ti lascia tanto fiatare, ti costringe a non distrarti mai, come non si distrasse Miriam. Dietro il racconto si percepisce però anche una solida analisi storica e psicologica. L’autrice ha frugato in ogni aspetto delle vite che racconta, fino a quelle che la guerra e la persecuzione nazista non l’hanno vissuta, ma si creano, come dice Miriam, un <proprio inferno amatoriale per poi fingere di non poterne uscire>. A molti tratti un libro irrinunciabile e di grandissima umanità.
Majgull Axelsson, “Io non mi chiamo Miriam”, Iperborea, 539 pagine, 19,50 euro

Ne abbiamo parlato durante l’incontro di Mercoledì 21 Febbraio 2018

“È senza dubbio il libro più bello da quelli consigliati dal Club, il personaggio di Miriam è gigantesco è il libro stesso. Racconti sui campi di concentramento ne ho letti tanti ma questo mi ha colpito molto. Ti fa riflettere sulla follia umana, ma ti fa anche conoscere la condizione di altri popoli devastati oltre gli ebrei come in questo caso i rom. Scritto benissimo ti trasporta nel luogo e nel tempo, ti fa sentire la paura, il dolore, la fame. Ti fa provare rabbia e compassione, grazie per averlo scelto ottimo consiglio.”
Rita



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